I porti sono punti nevralgici della connettività nei trasporti sia a fini commerciali che di traffico passeggeri. Nel porto di Ancona solo nel 2023 sono state movimentate complessivamente circa 10 milioni di tonnellate di merci e sono transitati circa 900 mila passeggeri. Al contempo però, quasi inutile dirlo, sono una fonte significativa di emissioni di CO2 e inquinamento atmosferico.

Naturalmente la questione non è limitata al porto di Ancona. Nel 2021, ad esempio, le emissioni di CO2 generate dalle navi che hanno fatto scalo nei porti dei paesi dell’Unione Europea ammontavano a circa 124,3 milioni di tonnellate. Le emissioni di ossidi di zolfo (SO2), altro tipo di inquinante rilevante prodotto dalle navi, ammontavano a circa 1,63 milioni di tonnellate. Queste emissioni sono state prodotte da una flotta di quasi 11.800 navi. Le navi portacontainer, le petroliere e le navi per il trasporto di rinfuse solide sono tra i principali contribuenti, emettendo circa il 60% del totale delle emissioni della flotta. Pur essendo un porto di piccole dimensioni, le emissioni generate dal porto di Ancona non sono trascurabili, così come non lo è l’inquinamento atmosferico.

Nel caso dei porti europei, una parte significativa delle emissioni (6,4%) viene generata mentre le navi sono attraccate, poiché continuano ad usare i motori ausiliari per la produzione di energia necessaria a bordo.
Ed è proprio questo, nel caso di Ancona, uno degli aspetti che nel corso degli anni ha urtato maggiormente la sensibilità e la coscienza dell’opinione pubblica cittadina portando alla mobilitazione politica di una fascia consistente della cittadinanza che si batte contro i fumi delle navi in città.
Di conseguenza, molto si è discusso anche a livello cittadino sulle possibili soluzioni per porre rimedio a tale disagio ambientale e di salute.

La decarbonizzazione dei porti è una delle sfide principali per ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti marittimi e garantire un’aria salubre per le comunità che vivono a ridosso delle infrastrutture portuali. Si tratta però di una sfida complessa, a causa del continuo aumento del traffico marittimo e della dipendenza dai combustibili fossili tradizionali, in un settore che rimane “hard to abate”, così come quello dell’aviazione.
Nonostante si tratti di un processo di transizione difficile, l’avanzamento tecnologico sta offrendo possibili soluzioni, come il cold ironing e l’uso di combustibili alternativi che rappresenterebbero passi importanti verso una maggiore sostenibilità, al netto delle difficoltà in termini di prospettive temporali lunghe per la transizione e delle ingenti risorse economico-finanziarie necessarie.

Vale la pena, perciò, alzare lo sguardo e passare in rassegna alcune delle esperienze positive nel processo di decarbonizzazione dei porti, per capire qual è lo stato dell’arte a livello italiano, europeo ed internazionale con l’intenzione di individuare eventuali modelli virtuosi a cui guardare come possibili esempi.

Aria più pulita in città: il cold ironing
La transizione verso porti sostenibili sta avvenendo in diverse aree del mondo attraverso l’implementazione di soluzioni tecnologiche come il cold ironing, la fornitura di energia elettrica alle navi ormeggiate, al fine di ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell’aria nelle città portuali.
Il porto di Gothenburg, in Svezia, è stato uno dei pionieri nella decarbonizzazione portuale, introducendo il cold ironing già nel 1989. Attualmente, il porto dispone di sei unità operative e una settima in costruzione. Il successo di Gothenburg è legato sia investimenti pubblici e incentivi per ridurre i costi dell’energia elettrica fornita alle navi che a un sistema di tariffe agevolate per gli armatori che utilizzano il cold ironing.
Il porto di Marsiglia, il più grande di Francia, è un altro esempio di successo. Nel 2017 sono stati installati tre punti di connessione per il cold ironing dedicati ai traghetti. Il porto ha anche pianificato di elettrificare tutte le banchine entro il 2025, con un focus particolare sui traghetti e le navi in riparazione. La collaborazione con gli armatori per garantire che l’infrastruttura fosse sfruttata in modo efficiente e i fondi pubblici provenienti dall’UE e dal governo francese per finanziare l’infrastruttura sono stati tra i fattori determinanti di questa transizione.
In Canada, il porto di Vancouver è all’avanguardia nella sostenibilità grazie all’utilizzo del cold ironing per ridurre le emissioni delle navi da crociera e merci. Questo porto ha beneficiato di forti investimenti pubblici e di una chiara regolamentazione che incentiva l’uso di tecnologie a basso impatto ambientale.

Utilizzo di combustibili alternativi
L’idrogeno e l’ammoniaca rappresentano combustibili promettenti per il settore marittimo grazie alle loro potenzialità a zero emissioni. L’idrogeno, se prodotto da fonti rinnovabili (idrogeno verde), non produce emissioni inquinanti durante l’uso, anche se attualmente la sua produzione è ancora principalmente basata su combustibili fossili​. Diversi porti europei, come quello di Valencia, stanno sperimentando l’idrogeno attraverso il progetto H2Ports, che prevede l’utilizzo di una stazione mobile per alimentare veicoli per la movimentazione dei container​. Anche il porto di Anversa ha commissionato un rimorchiatore alimentato a idrogeno, e in Scozia è in fase di sviluppo un traghetto alimentato da idrogeno prodotto da fonti rinnovabili per servire le Isole Orcadi​.
L’ammoniaca è un altro combustibile emergente. Oltre alla sua facilità di stoccaggio rispetto all’idrogeno, può essere utilizzata nei motori a combustione interna, riducendo le emissioni di gas serra. Tuttavia, l’ammoniaca presenta sfide legate alla sua tossicità, richiedendo una gestione attenta per evitare rischi per la sicurezza​.

Gas Naturale Liquefatto (GNL)
Il GNL è una soluzione già utilizzata in alcuni porti per mitigare le emissioni. I motori a GNL riducono significativamente le emissioni di ossidi di zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx) e particolato, anche se la riduzione delle emissioni di CO2 risulta limitata​. Inoltre, il GNL richiede infrastrutture complesse, come serbatoi criogenici per lo stoccaggio e una logistica ben sviluppata per la gestione del combustibile. Sappiamo però che il GNL rappresenta una questione sensibile e divisiva, come ci dimostrano le vicende del rigassificatore di Piombino.

Elettrificazione dei traghetti e batterie
L’elettrificazione delle imbarcazioni, soprattutto per i traghetti a corto raggio, sta emergendo come una valida alternativa per abbattere le emissioni nei porti. Alcuni traghetti elettrici sono già operativi in paesi come la Norvegia e la Cina. Tuttavia, l’adozione su larga scala di questa tecnologia dipende dallo sviluppo delle batterie, che al momento presentano costi e dimensioni elevati per navi di grandi dimensioni o per lunghi percorsi​.

Integrazione della rete ferroviaria
Un altro aspetto cruciale per la decarbonizzazione dei porti è l’integrazione con la rete ferroviaria. Molti porti italiani, come quelli di Trieste, Genova, La Spezia, ma anche la stessa Ancona sono già collegati in buona parte alla rete ferroviaria nazionale. L’aumento del trasporto merci su rotaia riduce significativamente le emissioni rispetto al trasporto su gomma. Il porto di Trieste, ad esempio, ha ampliato la capacità dei collegamenti ferroviari, permettendo un maggiore flusso di merci su treno, riducendo così il traffico di camion​.

Conclusioni
Queste misure sono importanti per affrontare la sfida della decarbonizzazione dei porti, coinvolgendo una combinazione di soluzioni tecnologiche, logistiche e normative. Il porto di Ancona in questi anni non è rimasto fermo ed ha intrapreso un percorso, ma ancora molto c’è da fare.