Molti si chiedono se il consiglio comunale oggi sia davvero l’Istituzione più importante di una città, l’assemblea rappresentativa dei cittadini, dove si indirizza e controlla l’azione politico-amministrativa del Comune o se, dalla riforma del sistema elettorale in poi, si sia ridotto ad un mero luogo di ratifica delle scelte e degli indirizzi di chi comanda, privo di autonomia e ruolo, svuotato di poteri effettivi.
Proverò a dire la mia, raccontando sul diario ogni venerdì cosa lì accade, quali argomenti vengono trattati, quali sono i riti, le curiosità che lo popolano e che cosa succede nelle commissioni tematiche che si riuniscono per approfondire atti e proposte.

 

Caro Diario,
a dispetto dei giorni scorsi questa settimana pochissima attività in Aula. Accade però che incrocio, nei corridoi del comune, Giacomo Petrelli, collega consigliere che siede sui banchi del PD. Giacomo è, come me, alla sua prima esperienza. Dalla sua però ci sono trent’anni di meno. Per molti versi è una delle novità più interessanti di questa consiliatura. Un ragazzo che studia e che non si tira indietro rispetto a colleghi ben più navigati. Un filo sopra le righe a volte, ma visto lo sprint dei suoi vent’anni, direi del tutto giustificabile. Siamo stati su fronti opposti alle primarie (appassionato sostenitore di Ida lui) e della precedente sindacatura è tutt’ora un accanito partigiano. Ma la parola d’ordine è guardare avanti, e allora credo davvero che rappresenti una gran bella risorsa, soprattutto di questi tempi in cui la passione per la politica è merce rara.
Gli ho fatto qualche domanda, eccoti le sue risposte.

Giacomo, descrivimi con tre parole il tuo primo anno da consigliere comunale.
«Impegnativo, sorprendente e ricco di novità»

Vivi la politica come una specie di missione e questo mi affascina sia nell’impegno che ci metti che nel coraggio che hai di stare in prima linea anche in modo un po’ sfacciato. È così?
«Sì vero, il mio impegno politico è una missione. Una missione con degli obiettivi ambiziosi, per alcuni addirittura utopici. Lo scopo è quello di proporre un modo nuovo di fare politica, cercando di ricostituire alcuni semplici elementi basilari che si sono persi. In linea generale la qualità della classe politica, a tutti i livelli, dai rappresentanti locali a quelli che siedono in Parlamento, è piuttosto bassa. Questo alimenta la sfiducia verso la politica e, di conseguenza, l’incertezza verso il futuro. Manca il rispetto per le istituzioni, scarseggia la preparazione e la competenza. Poca concretezza e nessuna visione che tenga conto delle nuove generazioni. Questi fattori vanno riscoperti, ma per farlo serve coraggio. Il coraggio di andare contro corrente in un sistema che non funziona, il coraggio di studiare e di dire le cose come stanno, il coraggio di mettere da parte il proprio ego consapevoli che siamo solo una piccola parte di un qualcosa di più grande. Il compito più alto della politica è quello di lasciare un posto migliore di come l’abbiamo trovato, e per farlo occorre maneggiare con cura il nostro futuro».

Militi in un partito che difficilmente si apre a nuovi protagonismi, a nuovi linguaggi ed esperienze. Per te sembra essere stato facile. Alla fine da cosa dipende?
«Non è facile per un ragazzo stare nel PD e non lo è neanche per me. Il Partito Democratico è attualmente la migliore forza politica del panorama nazionale e sono orgoglioso di farne parte, sia per i valori che per le proposte che porta avanti. Tuttavia, come ogni organizzazione umana e perfettibile, ha i suoi difetti. Molti esponenti nel tempo hanno maturato una grande esperienza sul campo, ma servirebbe da parte loro uno sforzo maggiore nel lasciare spazio alle nuove generazioni, mettendo in discussione il proprio modo di intendere la politica. Viviamo in un mondo dove tutto cambia alla velocità della luce, e anche la politica segue questi tempi. Per questo bisogna lasciare andare le vecchie convinzioni ed aprirsi ad un mondo nuovo, anche affidandosi ai giovani. Non sto velatamente dicendo che serva una “rottamazione”, anzi credo che vada costruito un equo patto intergenerazionale».

Molti ti vedono come troppo ambizioso e un po’ sfacciato a voler bruciare le tappe. Hanno ragione?
«Conosco ventenni che attualmente guidano la propria azienda, che coordinano gruppi di ricerca nell’ambito delle neuroscienze o che sono dei fuoriclasse nel mondo della finanza internazionale. Quindi non mi sento affatto troppo giovane o troppo ambizioso per fare il consigliere comunale ad Ancona. Questo fa parte di un problema tutto italiano. Nel resto d’Europa non è affatto strano avere le mani in pasta a vent’anni, anche con ruoli di grande responsabilità. Sarebbe bello se nel nostro Paese ci fossero più giovani a portare avanti alcuni pezzi di società, soprattutto in politica».

A cosa serve un consigliere comunale e a cosa serve fare politica (ma non mi rispondere solo con il fare il bene della collettività eh)
«Come sappiamo, il Consiglio comunale è l’organo di indirizzo politico-amministrativo e di controllo di una città. In questo contesto, un consigliere comunale serve per tradurre la rappresentanza dei cittadini in una vera e propria idea di città. In altre parole deve contribuire a realizzare la città che i cittadini sognano, incidendo direttamente sui processi politici e amministrativi. E in più si aggiunge l’onere del controllo, che spetta sopratutto ai consiglieri di opposizione. Perché l’opposizione è importante quanto la maggioranza. Senza un contrappeso politico non c’è piena democrazia».

Ti dipingono come il cocco dei rappresentanti dell’amministrazione ormai passata (Mancinelli Simonella e compagnia cantante). E va be’, ci sta. Ma cosa vedi nel futuro?
«La precedente amministrazione comunale ha fatto tantissime cose buone per la città, e ha posto delle solide basi per un riscatto di Ancona. Stimo Valeria Mancinelli e ho sostenuto con tutte le mie forze la candidatura a sindaco di Ida Simonella, perché ho creduto fortemente nelle sue incredibili capacità politiche e amministrative, ma anche nel suo coraggio di sognare un futuro splendido per Ancona. Purtroppo le cose non sono andate come avremmo voluto. Ora tocca a noi, seppur dall’opposizione, dare seguito a quel sogno. Nel futuro un obiettivo su tutti: Ancona nel 2028 di nuovo in mano ad un amministrazione di centrosinistra, capace di mettere a terra un programma concreto e fattibile che guardi al futuro del capoluogo».

Dimmi un po’, ma ti sei divertito in questo primo anno di consiglio comunale? Perché molti lo definiscono un luogo noioso dove si perde un sacco di tempo. A me non pare a dir la verità. Tu che dici?
«Questo primo anno di consiglio comunale è stato parecchio impegnativo, ma davvero molto molto divertente. La noia non esiste, perché ogni tema ha una ripercussione diretta sui cittadini e sulla città. Per me è stato un anno di grandi battaglie, su diversi temi: dal Welfare Sport per le famiglie più in difficoltà alle aule studio per i giovani studenti. Ad oggi, l’amministrazione Silvetti non è stata capace di rispondere a molti bisogni delle persone. Ma io non ho intenzione di mollare: ogni giorno è una buona occasione per portare avanti con decisione le nostre proposte per Ancona».

Un’ultima cosa, tanto non ci ascolta nessuno. A chi stai più sui maroni?
«Credo al vicesindaco Zinni: quando tocco i suoi nervi scoperti si innervosisce parecchio e cerca affannosamente di difendere la sua credibilità. E poi, fortunatamente, i miei valori politici sono molto distanti dai suoi».

Molto bene, Giacomo. Ottima scelta.