Once upon a time…
C’era una volta….

Tutte le favole iniziano così, ma poi ognuna finisce in maniera diversa. Comunque istruttiva, con una morale.
Quella che racconto, alla vigilia della prima rata della Tari, tanto favola non è, comunque ha una sua una morale.
Parliamo dei rifiuti, quelli che produciamo tutti i giorni e che tutti i giorni dobbiamo smaltire.
Quando mi chiamarono ad occuparmene, nel lontano 2007, la raccolta differenziata era una quasi sconosciuta quanto vituperata pratica per pochi adepti. Era incollata ad uno striminzito 18,3%, dato medio per la provincia di Ancona, c’erano quattro discariche attive e mi era stato dato il compito di aprirne una quinta (grande&impossibile, in quel di Filottrano). L’emergenza era tale che Ancona voleva una “sua” discarica: era pronta a “comprarsela”.
Riuscivamo a produrre 581 kg/anno pro capite di rifiuti e ne spedivamo nelle discariche ben 221 mila tonnellate all’anno.

Decidemmo (e Carlo Pesaresi, allora mio collega nella giunta provinciale, non fu estraneo a questo processo) di imporre -il termine sembrerà forte: ma vi assicuro che è calzante- il passaggio alla raccolta differenziata in tutto il territorio provinciale.
E qui siamo alle briciole di Pollicino… trovare il sentiero non fu facile, non era una questione di soldi, di metodi, di piattaforme, di strumenti. Bisognava convincere la gente (il popolo, direbbero oggi). E, ancor prima, convincere la politica, che pensava ai rifiuti come faccenda di grande interesse economico e di potere, questioni allora, da parecchi, ritenute preminenti rispetto a quelle ambientali.

Far capire che la raccolta differenziata non è fatta di “macchine” o impianti magici, ma che tutto inizia dal sottolavello di casa nostra, non fu semplice. Introiettare che se noi separiamo bene, con attenzione e una qualche consapevolezza, quei nostri rifiuti potranno avere una nuova vita, potranno mitigare l’impronta ecologica che lasciamo sul pianeta e anche farci risparmiare qualche soldo, prese tempo. Campagne di sensibilizzazione, le scuole come punti di divulgazione, le assemblee, capillari, per spiegare. La volontà di chi vedeva il traguardo possibile ci consentì il “salto”.

Cinque anni dopo la raccolta differenziata era salita al 53,6% (+293%), la produzione pro capite di rifiuti diminuita a 490 Kg/a (-16%) e i conferimenti in discarica passati a 118mila t/anno (- 46,7%). La quinta discarica (quella di Filottrano) non serviva più e delle quattro allora attive riuscimmo a chiuderne due.
La favola, però, non finisce bene: i principi azzurri stanno a zero.

Mancava l’impiantistica allora, e manca ancora. La norma prevede l’autosufficienza impiantistica territoriale per il trattamento dei rifiuti, e gli impianti, malgrado fossero allora già in parte finanziati, non sono stati fatti: in tutto oggi abbiamo una discarica (Corinaldo) con un impianto TMB. La nostra frazione umida continua a viaggiare, a carissimo prezzo, verso gli impianti di biodigestione anaerobica del nord. La percentuale di raccolta differenziata, specie nel territorio del comune di Ancona, è sotto i limiti obbligatori di legge (ultimo dato validato, quello 2022 = 64,09%) e la produzione di rifiuti pro capite è da allora un po’ aumentata. La TARI, invece e come da incipit, lievita e non di poco.

Allora la morale qual è?
Che se non c’è sensibilizzazione continua, se -tanto per fare un esempio recente– vengono esposti cartelli che lanciano messaggi deleteri, quali “per la Fiera conferiamo tutto nello stesso cassonetto”, questo mina alla radice in maniera rilevante quel processo di educazione ambientale faticosamente acquisito, insinuando che lo sforzo casalingo e quotidiano del separare correttamente i rifiuti in casa non serva a niente.
Per fare un’azione ambientale, per amministrare un’azione ambientale, non bastano gli obblighi, le leggi.
Bisogna esserne convinti e consapevoli.
Lo siamo, lo sono?

 

 

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Foto di Gary Chan su Unsplash