Con questo articolo di Gabriele Battistoni diamo il via ad una serie di interventi che entrano nel vivo delle questioni aperte e dibattute in città. E ci fa particolarmente piacere che si cominci con un pezzo che parla di mobilità lenta e che si cominci da Gabriele, che anche attraverso il suo lavoro si è sempre impegnato al massimo per sensibilizzare la città su questi temi. Ma soprattutto ci fa piacere iniziare con un articolo che parla della necessità di migliorare la qualità del dibattito.

 

Ieri il giornale titolava in prima pagina “VIA XXIX SETTEMBRE IN RIVOLTA”. Il sottotitolo spiegava che la colpa è del progetto di pista ciclabile che porterà via 41 posti auto in zona Archi. Gli operatori commerciali parlano di “Disastro”. All’interno del giornale si continua su questo tenore: “Ciclabile: che sciagura”, “Rabbia degli operatori”, “tragedia per tutto il centro” e via di questo passo. Addirittura i cittadini che usano il monopattino (mezzo ecologico di cui il governo ha incentivato l’acquisto fino all’anno scorso) vengono apostrofati come “fan”, che per carità non è un insulto ma lascia intendere che chi va in monopattino lo fa per moda, per vezzo, quando invece qui ad usarlo sono in prevalenza gli operai che abitano al Piano e lavorano al Porto. E che grazie al monopattino si spostano con pochi soldi e senza inquinare, senza occupare parcheggi, senza intasare il traffico.

Non è la prima volta che i giornali si esprimono in questi termini a proposito delle piste ciclabili e in generale dei progetti a sostegno della mobilità dolce. Anzi direi che siamo alle solite. Il ritornello è più o meno sempre lo stesso: “Soldi buttati via”, “Dove sono tutti questi ciclisti?”, “Ancona non è Pesaro”, “Prima o poi ci scappa il morto!”.

Mi dispiace ma non sono questi i modi, non sono questi i toni.

Se il comune sentire della gente è contrario alle piste ciclabili, la stampa sbaglia nell’alimentarlo senza opporre una corretta e completa informazione, e nell’amplificare certi interessi particolari che si confondono con quelli generali. Anch’io sono titolare di un esercizio commerciale, comprendo i timori e le preoccupazioni di baristi, tabaccai e commercianti, ma non mi sta bene buttare nello stesso calderone i disagi patiti per un cantiere infinito e le critiche alle piste ciclabili. Mi chiedo se i commercianti della zona siano stati ascoltati e adeguatamente informati in fase di progettazione. Ma mi chiedo pure perchè sui giornali non viene dato lo stesso risalto ad altri operatori che invece sono favorevoli alle piste ciclabili, o che magari in altre zone hanno visto aumentare gli incassi grazie ad una via che è stata pedonalizzata. E guardate che ce ne sono. Anche ad Ancona.

Mi chiedo perchè non si dia ampio risalto e titoloni a studiosi ed esperti che possono spiegarci bene come stanno le cose. Probabilmente ci direbbero che i soldi spesi per incentivare le bici e i monopattini non sono buttati via, ma costituiscono un prezioso investimento anche economico. Gli sprechi sono altri. Ci direbbero che il morto c’è già scappato, anzi ci scappa regolarmente proprio perchè ADESSO le strade sono insicure e inadeguate. Ci direbbero che sì, bella scoperta, Ancona non è Pesaro e non è Ferrara, ma anche da noi ci sono interi quartieri pianeggianti, vaste zone densamente abitate che trarrebbero grandi benefici dalla presenza di reti ciclabili, zone 30, traffico limitato, spazi sicuri in cui le persone sono libere di camminare e i bambini di giocare. 

Senza contare che oggi con le bici a pedalata assistita e una seria piattaforma di bike sharing anche le salite di Ancona non sarebbero più un problema insormontabile. E senza contare, già che ci siamo, che quando si guarda a città che hanno affrontato in maniera intelligente i problemi col traffico, non si pensa a Pesaro, ma semmai a Lisbona, che proprio pianeggiante non è.

Si legge sul giornale: “Bene la transizione ecologica, ma fatta con intelligenza”. Che meglio spiegato più sotto significa: lasciamo perdere le piste ciclabili, pensiamo a fare più parcheggi.

Bene, peccato che come ha sottolineato l’assessora Ida Simonella, spesso i parcheggi già ci sono, ad esempio quello coperto degli Archi consente la sosta a 2 euro per l’intera giornata ma è poco utilizzato.

Mi conforta, a tal proposito, che stavolta il Comune per voce della Simonella sia uscito allo scoperto con un post su Facebook doveroso, che abbia parlato, che abbia deciso di metterci la faccia e indicare la via che l’ammninistrazione vuole percorrere.

Poi se ne può parlare, anzi se ne deve parlare. Il confronto, la partecipazione e il coinvolgimento di tutti sono sempre la strada da privilegiare. Io stesso ho sollevato dei dubbi sull’impostazione della pista ciclabile provvisoria agli Archi, che ha una miriade di difetti. Sono il primo a dire che non basta pitturare di rosso una porzione di strada per dire di aver messo in sicurezza i ciclisti. Sono convinto che “più piste ciclabili” non equivale a “meno parcheggi” perchè quella di mettere in contrapposizione le auto e le bici è una cantilena che non si può più sentire. Ad Ancona c’è un problema di traffico, c’è un problema di parcheggi e c’è anche il problema di tutelare gli utenti della strada deboli e non inquinanti. Bene, serve un piano che affronti tutte queste cose nell’insieme. E possibilmente servirebbe affidare i progetti a dei veri mobility manager e a chi ha reali competenze per farlo.

Soprattutto bisogna abbassare i toni, che le parole sono importanti, specie quando sono strillate sui giornali. Altrimenti sarà una tragedia, un disastro, una sciagura.

 


Foto: Sebastian Herrmann via Unsplash