Il reportage di Claudio Maffei sul mondo della sanità anconetana giunge alla quarta e ultima puntata. Nelle tre precedenti, abbiamo parlato nell’ordine di Ancona che “perde” i suoi ospedali che vengono portati fuori della città, della Casa della Comunità che nascerà al vecchio Umberto I e della evoluzione dell’Azienda Ospedaliero-Unversitaria “di Ancona” diventata “delle Marche”. Questa volta tocca all’INRCA, una “istituzione ” dalle molte particolarità che probabilmente sono note solo a una piccola parte dei cittadini e a una parte appena più consistente degli amministratori. Ricostruiamole.

L’INRCA è innanzitutto un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS, qua gli acronimi abbondano) il che vuol dire che svolge per compito istituzionale una attività di ricerca oltre che assistenziale e che ha, oltre agli altri Direttori soliti (Generale, Sanitario e Amministrativo) anche un Direttore Scientifico e un Consiglio di Indirizzo e Verifica. In quanto IRCCS, l’INRCA risponde sia alla Regione Marche (di gran lunga il suo principale finanziatore) che al Ministero della Salute ed è anche l’unico IRCCS in Italia ad occuparsi di anziani.

L’INRCA si caratterizza poi per altri aspetti. Ha una dimensione multiregionale, avendo sedi ospedaliere (piccole) con attività di area geriatrico-riabilitativa a Casatenovo in Lombardia (provincia di Lecco) e in Calabria a Cosenza. Ha inoltre più sedi di attività nelle Marche perché, oltre ad Ancona di cui parleremo dopo, ha un presidio ospedaliero di piccole dimensioni per acuti e dotato di Pronto Soccorso a Osimo, confluito dall’ASUR all’INRCA il primo gennaio 2018, uno a Fermo di area geriatrico-riabilitativa, mentre a Treia in Provincia di Macerata ha una piccola attività residenziale dentro l’Ospedale di Comunità dell’Azienda Sanitaria Territoriale di Macerata. Quest’ultima attività è stata collocata a Treia in attesa, ormai da molti anni, della ricostruzione della vecchia struttura residenziale INRCA di Appignano (sempre in provincia di Macerata). A un certo punto alla fine degli anni ’70 della rete degli Ospedali INRCA, nata come vedremo ad Ancona, facevano parte, oltre a quelli già nominati, anche gli Ospedali Geriatrici poi chiusi o trasferiti alle Regioni di competenza di Firenze (dove ce n’erano due), Cagliari e Roma mentre se ne dovevano costruire altri, cosa però mai avvenuta, anche a Torino e Genova.

Ma adesso parliamo dell’INRCA di Ancona, la cui appassionante storia viene ricostruita in un bellissimo libro del Professor Enrico Paciaroni pubblicato nel 2005 da “il lavoro editoriale” (L’INRCA: dall’Ospizio dei poveri e di mendicità alla ricerca geriatrica d’eccellenza). Qui la storia dell’INRCA viene fatta partire dalla costituzione nel 1844 ad Ancona dell’Ospizio dei Poveri e di mendicità, collocato presso alcuni locali nel complesso di San Francesco alle Scale. Da qui nel 1927 l’Ospizio venne trasferito alle Grazie dove oggi c’è l’Ospedale INRCA della Montagnola. All’inizio degli anni ’60 la storia dell’INRCA prende velocità grazie all’intraprendenza di un anconetano, Aurelio Paolinelli, Segretario dell’Ente, che avviò e guidò un percorso che portò l’INRCA nel giro di qualche anno ad aprire tutte le sedi ricordate in precedenza. Ad Ancona, oltre all’Ospedale della Montagnola intitolato al benefattore Cav. Ulderico Sestilli, l’INRCA ha la sede degli uffici amministrativi e dell’attività di ricerca economico-sociale nella splendida Villa Gusso al Passetto, dove opera anche un Centro Diurno Alzheimer (Centro Disturbi Cognitivi e Demenze, per la precisione), mentre alcuni Laboratori di Ricerca si trovano in un edificio in via Birarelli nel quartiere San Pietro pieno Centro Storico. Quest’ultimo edificio si trova dove una volta c’era l’Ospedale per i poveri indigenti annesso alla Chiesa di Sant’Anna dei Greci. Nel 1944 parte dell’edificio che ospitava questo Ospedale (già al tempo chiuso da oltre un secolo e mezzo) e la Chiesa furono distrutti da un bombardamento.

Murale sulla solidarietà intergenerazionale all’ingresso dell’Ospedale Geriatrico U. Sestilli
di Ancona

L’attuale Ospedale della Montagnola nacque a seguito dell’abbandono dell’Ospedale INRCA di Posatora danneggiato dalla frana del 1982, frana che causò a Posatora anche l’abbandono del vicino Ospedale Oncologico e di una struttura residenziale per anziani dell’INRCA , il Tambroni, poi ricostruito nell’area retrostante il vecchio Manicomio, area oggi sede degli uffici e degli ambulatori dell’Azienda Sanitaria. Purtroppo questa struttura subito dopo essere stata inaugurata nel 2005 non ha mai iniziato la sua attività per delle gravi carenze strutturali. Ad Ancona l’INRCA svolge anche una attività di “cure intermedie” (e cioè anch’essa di tipo residenziale) presso la struttura Residenza Dorica del gruppo privato Santo Stefano verso Ancona sud oltre al Centro Diurno Alzheimer presso Villa Gusso.

Ma quali sono le opportunità e le problematiche che la presenza dell’INRCA offre ad Ancona?
Partiamo dalla ricerca e dalla progettualità di tipo economico-sociale in cui l’INRCA ha grande esperienza e competenza. Ancora l’integrazione tra Comune di Ancona e INRCA non riesce ad essere sistematica su questi temi. È stato attivo fino all’esplosione della pandemia un Tavolo di lavoro del Comune di Ancona sugli Anziani, Tavolo che aveva prodotto già alcune proposte e di cui l’INRCA era stato protagonista attivo. Se si va però nel sito del Comune nella pagina dedicata agli Anziani nell’ambito delle attività del Servizio Politiche Sociali non compaiono progettualità che coinvolgono esplicitamente l’INRCA e anche nella presentazione dei progetti finanziati dal PNRR l’INRCA non viene citato. Va inoltre citata un’esperienza positiva che dura da alcuni anni di percorso integrato con il Comune per la dimissione protetta dei pazienti dall’Ospedale della Montagnola.

Sul versante sanitario abbiamo nell’INRCA di Ancona una grande opportunità (e relativi rischi) e un grande assente. La grande opportunità sono nel nuovo ospedale sotto Camerano ad Ancona sud, che integrerà le attività della Montagnola più quelle dell’attuale Ospedale di Osimo. Il grande assente è il territorio, dove si gioca la tutela della salute degli anziani e dove l’INRCA fa poca assistenza e di conseguenza fa poca ricerca.

Non si può in questa sede approfondire storia passata e realtà attuale dell’Ospedale INRCA di Ancona in termini di qualità dell’assistenza e della ricerca. Voglio solo ricordare che si tratta di una storia piena di figure di prestigio e di un presente con grandi professionalità. Non faccio elenchi per non correre il rischio di dimenticare qualcuno. Da ricordare invece che all’interno della Montagnola opera la Clinica di Medicina Interna e Geriatria dell’Università Politecnica delle Marche cui afferisce la Scuola di Specializzazione in Geriatria.

Il nuovo Ospedale è previsto con una dotazione di 296 posti letto (dato ufficiale della Regione) e cioè circa 30 in più di quelli di cui dispongono i due attuali ospedali che vi confluiranno che diventano circa 50 , e cioè una ulteriore ventina di più, se si tiene conto di quelli oggi effettivamente operativi (dati ricavabili dai Bilanci dell’INRCA). Tra questi 30-50 posti letto in più ce ne sono molti ad alto assorbimento di risorse umane, quali un nuovo reparto di terapia intensiva e un’area di terapia semintensiva che oggi mancano e due posti letto in più sia per l’unità coronarica che per la stroke-unit. Di questo potenziamento dell’INRCA io, che ho 70 anni (uno per ogni posto letto in più) e che dell’INRCA sono stato mediocre Direttore Sanitario, sono felice. Lo sarei anche di più se la Regione fosse in grado di dimostrare che oltre a rendere operativi tutti questi posti letto riuscirà anche a mantenere le promesse che sta facendo in giro sul potenziamento di tutti gli altri ospedali a Macerata, Senigallia, San Benedetto del Tronto, Pergola, insomma ovunque.

Murale a Capodimonte

Anche gli anconetani dovrebbero avere qualche domanda al riguardo perché con Torrette, il nuovo Salesi e il nuovo INRCA ci sarà il rischio per Ancona di non riuscire ad avere servizi territoriali adeguati. Il personale è limitato e di conseguenza o gli ospedali non lavoreranno a pieno regime o avranno attorno un territorio povero di servizi sociosanitari che farà pressione sui Pronto Soccorso e non riusciranno ad accogliere i pazienti in dimissione. Il rischio per gli ospedali di Ancona di diventare “cattedrali nel deserto” è molto alto. Quindi i nuovi Direttori di Torrette ed INRCA comincino a ragionarci. Con l’INRCA attuale di Ancona che chiude dove andranno i pazienti geriatrici acuti che non troveranno più l’Accettazione Geriatrica d’urgenza della Montagnola? Come si distribuiranno i due ospedali di Ancona le fratture di femore e la patologia chirurgica dell’anziano? Che accordi si prenderanno per garantire che Torrette faccia l’alta complessità e divida con l’INRCA di Ancona-sud la copertura della attività ospedaliera di base per i cittadini di Ancona (e delle altre città e cittadine della stessa area)? I due ospedali si faranno concorrenza o si integreranno? E se si integreranno, come avverrà questa integrazione? E soprattutto: dove si troverà il personale e come si spiegherà al resto della Regione tanta abbondanza ospedaliera (non solo di posti letto, ma anche di tecnologie?

Sempre sul versante sanitario c’è da decidere il destino del Tambroni e dei suoi posti letto residenziali. Si tratta di una partita sospesa da riprendere e chiudere perché comunque comporta costi e perché Ancona ha bisogno di quei posti letto. Il progetto del Tambroni potrebbe comportarere anche il “rientro” dei posti letto di cure intermedie che l’INRCA gestisce in spazi affittati dal Santo Stefano. Anche il Centro Diurno di Villa Gusso merita un’altra più idonea collocazione.

E infine c’è la questione degli immobili. Che fare della struttura in via Birarelli? Certamente le attività di ricerca di laboratorio che vi vengono svolte dovrebbero trovare spazio nel nuovo Ospedale, dove però non ci sono spazi per la Direzione e per gli uffici amministrativi attualmente in via Gusso. Sembra ragionevole un recupero nel tempo alla città anche di questo edificio di grande prestigio e storia.

Insomma, l’INRCA è un grande cantiere aperto e non solo in senso edilizio. C’è bisogno di un progetto INRCA di città (e di Regione, ovviamente) che dia una risposta alle questioni aperte e uno sviluppo alle potenzialità che l’Istituto può offrire alla città che l’ha fatto nascere. Un aiuto lo può, anzi lo deve, dare anche il Comitato di Partecipazione dell’INRCA, che comprende rappresentanti delle Associazioni dei cittadini ed è molto attivo e propositivo. Per concludere: buon lavoro al nuovo Direttore Generale, dottoressa Maria Capalbo, collega che conosco e apprezzo.

 

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Nella foto di copertina: Persone “di una certa età” in Piazza Roma (Foto di Enzo Gerini)