Sviluppo e sostenibilità non sono temi in contrasto, anzi dalla capacità di farli coesistere passa il futuro dell’Europa. La consapevolezza delle persone e il coinvolgimento delle comunità negli inevitabili processi di cambiamento in atto sono la base da cui partire. Ne scrive per A Agnese Riccardi, giovane biologa Marina e guida subacquea anconetana

Sembra proprio che la corrente abbia iniziato a scorrere veloce facendo il giro del mondo, chissà chi sarà pronto a tuffarsi. Di cosa parlo? Della certezza, globalmente condivisa, che la conservazione e la cura dell’ambiente non sono un limite ma un’opportunità, delle meraviglie di Ancona e delle occasioni che la attendono.

Il Green Deal europeo apre la strada affinché l’Europa diventi il ​​primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, mirando ad una società più equa, più pulita e (per l’appunto) più green. L’UE, in questo senso, ha stabilito 5 Missioni che “mirano ad affrontare le grandi sfide in materia di salute, clima e ambiente e a conseguire obiettivi ambiziosi e stimolanti in questi ambiti”.

Non me ne vogliate, tutte le Missioni UE hanno lo stesso peso di importanza, ma io sono una persona semplice: mangio, bevo, dormo, rido e senza mare non vivo – e sono certa che molti anconetani possano capirmi, sentendo ancora molto forte il legame con il mare che circonda la città. Dedico al mare il mio lavoro e il mio tempo libero (sono una biologa marina e guida subacquea) e non posso quindi che porre l’accento sulla componente blu del nostro Pianeta e, in questo contesto, sulla Missione UE “Salvare Oceani e Acque”: conoscere, ripristinare e proteggere i nostri oceani e le nostre acque sarà fondamentale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e per contribuire all’attuazione dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e della Decade delle Scienze del Mare, consentendo agli europei di dare forma a un’economia prospera futura.

La conoscenza è inevitabilmente il primo dei gradini da scalare. Abbiamo necessità di creare una società “alfabetizzata” riguardo gli oceani (c.d. Ocean Literacy), al fine di poterne comprendere il valore per il nostro stesso benessere. Oggi la scienza ha conoscenze sufficienti per suggerire ai decisori politici la strada da seguire, ma comunicare queste conoscenze al grande pubblico richiede un linguaggio e dei canali di comunicazione adeguati, fondamentali per lo sviluppo di strategie condivise. Le emergenze che la società percepisce nei confronti dell’ambiente marino dovrebbero spingere verso la ricerca di soluzioni concrete. Uno dei principali ostacoli è che spesso la percezione dei problemi è solo parziale: noi comprendiamo meglio quello che vediamo e tocchiamo con mano. Facciamo un esempio concreto: la plastica che si accumula ormai ovunque riduce il valore estetico di un paesaggio, è un pericolo spesso letale per numerose forme di vita e si sta rivelando un problema sempre più concreto anche per la salute dell’uomo. Questo è un problema che percepiamo tutti sempre più chiaramente, a Palombina, al Conero così come alle Maldive. Questa consapevolezza ha portato i decisori politici a intraprendere azioni concrete come lo stop all’impiego di plastica monouso. All’opposto, molto più difficile è creare consapevolezza sui cambiamenti climatici: sono sicuramente molto discussi, ma i loro effetti, agli occhi del pubblico, rimangono ancora troppo poco concreti affinché si agisca con urgenza sfruttando gli strumenti a disposizione.

Per quel che ci riguarda, la base di questo processo culturale può essere l’investimento di risorse in una divulgazione scientifica ad hoc rivolta alla comunità anconetana. Molti altri aspetti possono (e devono) però essere presi in considerazione per attuare strategie di coinvolgimento della cittadinanza che mirino ad incrementare le consapevolezze riguardo all’ambiente marino, ma al tempo stesso siano perfettamente coincidenti con obiettivi di sviluppo sostenibile ed opportunità reali di crescita imprenditoriale ed economica. Solo così possiamo pensare di rendere Ancona una città competitiva a livello europeo.

La citazione “Think global, act local” (pensa globale, agisci locale), attribuita all’urbanista scozzese Patrick Geddes, esprime un concetto talmente importante per l’umanità al punto da essere ripreso, analizzato e riproposto da diversi altri scienziati nel mondo negli anni a seguire. Dobbiamo riorientare globalmente le nostre economie e la nostra società verso obiettivi a lungo termine, ma cambiando localmente il nostro rapporto con la natura – ritrovando anche quella connessione antica che i popoli costieri avevano con il mare.

E in questo senso ci sarebbero per Ancona, e soprattutto per le sue nuove generazioni, infinite possibilità.

Ancona, città di mare e città di porto. Il suo popolo è connesso al mare storicamente, culturalmente e, consentitemi, anche in ambito culinario. Col tempo questa connessione si è inevitabilmente diluita e oggi risulta fondamentale ricordare, riacquisire, le conoscenze perdute e ristabilire quella relazione che si riesce ad assaporare ancora tramite preziosi racconti di nonni e conoscenti.

Negli ultimi tempi, i cittadini anconetani hanno espresso il crescente desiderio di poter condurre “vite diverse”, godendo dei benefici derivanti da una natura in salute. Ce lo dicono le numerose iniziative di clean-up costiero (pulizia delle spiagge) organizzate sempre più spesso da gruppi di cittadini e da associazioni locali; le discussioni sorte attorno al PUMS (Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile), nell’ambito delle quali si è richiesta a gran voce la progettazione di una viabilità (anche, ma non solo, vie ciclabili) che abbia l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone; le sollecitazioni per la riqualifica e la messa in sicurezza di vari sentieri nel Parco del Conero; il ripreso (e acceso) dibattito riguardo l’istituzione dell’Area Marina Protetta; la possibilità di, e le istanze per, un centro storico “più pedonale” (oltre che più vivo).

Ce lo dicono anche i dati sul turismo costiero Mediterraneo, che risulta in forte aumento con stime che prevedono un andamento destinato a crescere esponenzialmente nel prossimo futuro, e in particolare la Riviera del Conero, che è stata negli ultimi anni una delle mete più gettonate di turisti nazionali e internazionali, grazie al connubio perfetto tra natura, storia e cucina. Questo settore ha un pesante impatto sul PIL nazionale e sull’economia locale. Non possiamo e non dobbiamo rinunciarci, ma abbiamo anche il dovere di proteggere il nostro patrimonio ambientale terrestre e marino e di trovare la giusta strada da percorrere verso uno sviluppo sostenibile, per le presenti e le future generazioni. Le due istanze, a differenza di quanto spesso si è portati a pensare, non devono per forza confliggere, anzi.

Come fare?

In questa città, con un tale patrimonio culturale e biologico marino, il passaggio dal turismo convenzionale a quello sostenibile non sembra solo possibile, ma sembra la scelta migliore, forse obbligata. Ultimamente, è sempre più forte una nuova tendenza, nata e sviluppatasi di pari passo con la crescita della “sensibilità ambientale” e del bisogno di contatto con un ambiente sano – che la società ha riscoperto anche e soprattutto durante la pandemia Covid. Parliamo di Eco-turismo, un turismo nuovo, spesso orientato verso Aree Naturali Protette, che mi piace definire “di qualità”. Un tipo di turismo che pone l’attenzione non più soltanto sui prodotti e le attrazioni turistiche, ma sulle emozioni che l’ospite può provare durante il soggiorno. Gli eco-turisti cercano esperienze, viaggi significativi, benessere, fornitori di servizi turistici che operino in modo etico, responsabile, e in connessione con la comunità locale.

Trovo che la città di Ancona, con il suo territorio, sia un gioiello da scoprire con moltissimo potenziale e che abbia tutte le carte in regola per offrire questa nuova tipologia di turismo, che vuole conoscere, imparare e rispettare la città, la natura e le tradizioni locali. L’ecoturismo è sicuramente una delle chiavi, già colta e sviluppata in altri luoghi del mondo in modo più che soddisfacente, per conciliare il bisogno di uno Sviluppo Sostenibile con il turismo costiero in crescita, l’imprenditoria e la ripresa economica. Accogliere e valorizzare questo nuovo modello dovrebbe garantire che l’impatto del turismo sulla natura possa essere ridotto al minimo, le culture locali possano essere rispettate ed i benefici economici possano essere distribuiti tra le comunità locali.

Esistono strumenti, linee guida e network europei che supportano le comunità durante il processo, stimolando il confronto e la crescita. In questo, la presenza dell’Università Politecnica delle Marche in città, una delle Università più rinomate in Italia, può essere di grande aiuto. Penso, ad esempio, ad alcuni progetti già attivi in loco che prevedono il coinvolgimento della cittadinanza in progetti di ricerca: non c’è dubbio che la diffusione della “Scienza del Cittadino” (c.d. Citizen Science) sia uno degli strumenti più efficaci nell’iniziare a favorire un turismo più sostenibile. Recenti studi mostrano come i turisti coinvolti in attività di Citizen Science acquisiscano una maggiore consapevolezza e sensibilità rispetto ai temi ambientali e una forte motivazione verso comportamenti e scelte sostenibili, oltre ad incrementare economia e sviluppo del settore turistico-ecosostenibile. Ma penso anche ad una “nuova” tipologia di imprenditoria – o, forse meglio, un nuovo approccio imprenditoriale – che ha già messo piede praticamente in tutti i continenti del pianeta, con una doppia faccia, sociale e ambientale: l’imprenditoria dei “changemaker”, che unisce alla ricerca dell’utile in senso economico, anche una vocazione a creare un cambiamento che ha come fine ultimo il benessere della collettività. È questo un ulteriore argomento che merita di essere approfondito, poiché credo che la città di Ancona sia sede di interessanti idee, giovani e fresche, e della voglia di sprigionarle e realizzarle aspirando ad un grande impatto positivo per la cittadinanza.

Vedo un futuro, non troppo lontano, in cui la percezione della cittadinanza anconetana su determinati temi ambientali di importanza cruciale, e quindi le sue necessità, non vengano più trascurate o date per scontate. Vedo scienziati e politici collaborare realmente per il raggiungimento di questi comuni obiettivi. E, soprattutto, sono convinta che questa visione non sia solo mia.


Foto: Francesca Tilio