11/10/2024

Il porto delle nebbie. Il presente decadente e l’incerto avvenire della “città nella città”


Mentre si taglia il nastro alla nuova piazza al Porto Antico, sfilano i cortei per dire no al banchinamento del Molo Clementino per l’attracco delle grandi navi e si immaginano scenari futuri per il porto di Ancona, qual è il presente dello scalo dorico e in che acque sta navigando? Di recente il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mar Adriatico centrale, Vincenzo Garofalo, ha fatto il punto sulle opere che dovranno rendere il golfo anconetano un’infrastruttura moderna, in espansione ed in grado di garantire sviluppo economico per il territorio cittadino e regionale. Alcune delle opere attese da tempo si stanno sbloccando, su tutte il prolungamento della banchina rettilinea, ovvero la banchina 27, alla darsena Marche. Poco meno di 300 metri di approdo (273), che si aggiungono agli adiacenti 300 della 26 (che opera in regime pubblico, ovvero non è soggetta a concessioni, ma vi possono lavorare tutte le imprese portuali che ne facciano richiesta e che abbiano determinati requisiti), per un investimento di 37 milioni. In fase di realizzazione da decenni, tra tempi tecnici di progettazione e opere complementari, più una vicenda giudiziaria sull’aggiudicazione dell’appalto durata otto anni, la banchina ha visto l’avvio dei lavori da parte della ditta Mentucci di Senigallia. Sarà destinata, come già la 26, alla movimentazione delle merci, in particolare dei container, ed è per questo che fondamentale è la realizzazione anche del piazzale retrostante, calcolato in 37mila e 700 metri quadrati.

Altro punto imprescindibile perché possa dirsi davvero operativa ed utile allo sviluppo del porto è che i fondali dell’area siano portati a – 14 metri, il che significa dragaggio. Tutto nero su bianco, ma più facile a dirsi, o scriversi, che a farsi, dato che la rimozione dei fanghi dal porto è al palo, anche in questo caso, nell’ordine temporale di decenni. Il problema dei fondali è più che mai attuale, anche per le bachine già esistenti, per consentire l’ingresso di navi con maggior pescaggio. Il risultato è che quando la profondità non è sufficiente, le navi che devono entrare in porto, prima di Ancona fanno tappa altrove per alleggerire il carico. Questo significa meno introiti per lo scalo, che movimenta decine di migliaia di tonnellate in meno, ed anche il rischio che a lungo andare il porto esca da alcune rotte commerciali.

In attesa della costruzione della 27, è bene ricordare che, almeno sulle planimetrie ufficiali, la banchina rettilinea prevede un terzo stralcio da 300 metri di cui non si parla più da qualche tempo. Certo meglio non mettere troppa carne al fuoco e registrare positivamente il lento progredire dei cantieri. Eppur si muove, verrebbe da dire. Ma mentre si mettono le basi per il futuro, il futuro potrebbe essere già trascorso. Così le opere finalmente avanzano, ma i traffici commerciali dello scalo si annunciano, almeno nei primi otto mesi del 2024, in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A soffrire di più sembrerebbe proprio il comparto dei container, con una previsione del – 15% di teus (la misura standard utilizzata nel settore della logistica e del trasporto marittimo delle merci). Certo difficile stabilire a spanne che cosa abbia determinato questo calo: una contrazione della produzione? Plausibile. Uno spostamento delle merci verso porti più performanti di quello dorico? Possibile anche questo. Come verosimile è che possa esserci un concorso di causa.

Sulla necessità di trovare nuovi spazi per il porto commerciale si discute da sempre, almeno dall’approvazione del Piano regolatore del porto e sue successive varianti. Con quest’idea era nata la nuova darsena commerciale, con le banchine 23, 24 e 25, infrastrutture entrate in crisi e che necessitano di manutenzione e lavori strutturali. In particolare, alla 23 verranno demolite due vecchie gru ed i lavori di adeguamento prevedono un investimento da 16,5 milioni. Finiti i lavori alla 23 dovrebbero cominciare quelli alla 25, in concessione, con scadenza prorogata dalla fine del 2023 alla fine del 2024. I tempi, come sempre, restano la grande incognita. Ce lo ricorda la vicenda della poco distante banchina 22. Più di un numero, la 22 era la banchina su cui si ergevano i silos della Bunge. Triste vicenda che ha segnato la storia lavorativa ed occupazionale della città. Attiva sin dagli anni Cinquanta, nel 2010 la multinazionale del settore della lavorazione di semi oleosi e della produzione di farine alimentari chiude il suo stabilimento anconetano: cassa integrazione e mobilità, per la sessantina di dipendenti, una ventina quelli che faticheranno a distanza di anni a trovare una nuova occupazione, per alcuni un epilogo impossibile da dimenticare, e ripercussioni sull’indotto. Sono gli anni della grande crisi del porto, Fincantieri senza commesse e la nautica di lusso in affanno, con vari passaggi societari. I “mai domi” arsenalotti fanno appello anche al Papa, Benedetto XVI, che celebrerà la messa del Congresso Eucaristico del 2011 dentro il cantiere senza ferro. Per i cereali pare non esserci prospettiva di ripresa e l’Autorità portuale decide per la demolizione dei silos, come del resto previsto anche dal Piano regolatore in vigore. Si guarda al bicchiere mezzo pieno, la 22 liberata dai grandi cilindri in cemento e amianto, può essere preziosa per la movimentazione delle merci in regime pubblico, in una cronica carenza di spazi. Ma la 22, costruita tra gli anni ‘30 e ‘40, dopo qualche rattoppo e le prime prove tecniche, non regge al peso delle gru ed all’usura del tempo, di fatto inizia a sprofondare e sarà interdetta nel 2014. I lavori che sembravano dovessero durare dai 12 ai 18 mesi dureranno sette anni. Riconsegnata nel 2021 dopo 9 milioni di investimenti. Oggi è di nuovo operativa, in attesa di collaudo il retrobanchina, passaggio importante per riportarla alla piena attività.

Altro capitolo, le banchine 19, 20 e 21, appese a un’idea di recupero che le vedrebbe destinate ad accogliere parte dei traghetti passeggeri, in un futuro però incerto per il Porto Antico, a cui presto dedicheremo un capitolo a parte. In questi processi elefantiaci, fatti di opere attese da decenni per rispondere alle esigenze di un porto e di un mercato che intanto mutano, e non alla stessa velocità dei cantieri, e progetti dall’andamento non lineare, ricompare da un lato l’ipotesi della penisola, progetto da sempre evocato, considerata l’unica possibilità per spostare completamente i traghetti dal porto storico, senza che ancora si sappia se sia un’opera che il golfo anconetano può effettivamente reggere. Resta in piedi dall’altro, il progetto del banchinamento esterno del Molo Clementino, sull’opportunità della cui costruzione l’attuale maggioranza di governo della città invece che confrontarsi e delineare una direzione, abdica alla decisione tecnica, alla Vas, la Valutazione ambientale strategica del Ministero. Si attende così, come si attende il responso di un oracolo.

Comunque vada, per queste due opere, a meno di una rivoluzione radicale nell’incedere dei cronoprogrammi, è difficile scorgere un orizzonte temporale.