Il dibattito sui vuoti urbani che abbiamo lanciato due settimane fa (clic) continua a raccogliere contributi, interventi e proposte. Qui l’ex assessore e dirigente all’Urbanistica del Comune di Ancona Paolo Pasquini interviene con una serie di suggerimenti volti non tanto a suggerire soluzioni per rigenerare i vari vuoti urbani della città, quanto per indicare qualche criterio per affrontare la problematica.

 

Anzitutto vorrei sottolineare l’approccio corretto della redazione nel proporre il tema, per almeno quattro ordini di motivi: riflettere sul futuro senza entrare nella logica delle scadenze amministrative significa programmare e puntare ad una strategia; partire dalle parti dequalificate della città è il miglior modo per proporre una seria rigenerazione; pubblico e privato possono entrambi contribuire ad un nuovo assetto urbano, anzi devono farlo in stretta collaborazione, ma secondo obiettivi chiari e rigorosi che privilegiano l’interesse pubblico.

Parlando di “vuoti urbani”, il punto di partenza di un ragionamento non possono essere i singoli contenitori, bensì le esigenze della città e dei cittadini, intesi come collettività. Ancona può giocare il proprio ruolo sulla base di una visione policentrica del territorio, che ruota attorno ai tre comuni principali di Ancona, Falconara e Jesi, e ad un gruppo di comuni contigui, ove si distribuisce la popolazione che non è riuscita facilmente ad insediarsi nei centri maggiori, anche se ci lavora, e ciò vale in specie per alcuni segmenti sociali (giovani coppie, single, studenti, anziani, portatori di handicap, lavoratori immigrati). Un territorio di circa 200.000 abitanti, dotato di strutture produttive e commerciali complementari, dotato di porto, aeroporto e interporto, e di un sistema infrastrutturale già oggi integrato, ma che dovrà esserlo sempre di più nel corso del tempo. Dunque ad un tale sistema (che una volta si sarebbe chiamato area vasta) e non all’andamento demografico della sola Ancona occorrerà fare riferimento, anche se si vuole impostare un serio programma di rigenerazione urbana.
Ecco dunque un primo obiettivo strategico, che vale solo per alcuni vuoti  urbani: dare risposta a quella domanda sociale inevasa di residenza, rigenerando il patrimonio edilizio non residenziale dismesso.

Un secondo obiettivo strategico, che vale per altri tipi di contenitori: ricreare e/o rafforzare le centralità locali, valorizzando gli spazi pubblici, ridefinendo il sistema multipolare dell’area urbana attraverso un’ampia offerta di servizi pubblici e privati nei quartieri.
In questa logica si possono individuare altri ulteriori obiettivi connessi:

  • ridurre efficacemente il consumo di suolo;
  • rilanciare il ruolo del Capoluogo regionale;
  • rafforzare l’identità urbana, innalzando la qualità architettonica e paesaggistica dei quartieri;
  • rilanciare la centralità funzionale complessa del centro città e degli edifici per funzioni speciali al suo interno.

Per scendere più nello specifico vorrei riprendere alcune idee presenti nel Documento Programmatico approvato dal Consiglio Comunale nel 2009 in funzione del nuovo Piano Regolatore, poi “dimenticato” dalle successive Amministrazioni, impegnate nella ricerca di un consenso basato sul “fare”.
Un primo recupero è quello relativo alle fortificazioni storiche e ai complessi insediativi connessi al patrimonio di aree verdi, di valore ma attualmente isolate nel contesto urbano, che vanno invece a formare il sistema dei crinali.

Il crinale Guasco-Cappuccini-Cardeto, lungo il quale vanno riprogettati il complesso archeologico dell’Anfiteatro e delle vie adiacenti, la ex caserma Stamura, le ex Fermi ed Economia e Commercio, attraverso un concorso internazionale di progettazione per un grande sistema museale integrato, comprendente spazi aperti e fruibili e spazi coperti per esposizioni, ma anche per commercio e ristorazione. Anche l’Università potrebbe essere coinvolta in un programma di recupero degli spazi del Parco del Cardeto per la ricerca e lo scambio tra Atenei, che in passato aveva ipotizzato proprio in quel contesto.

Il crinale Capodimonte-Pincio-Monte Pulito-Monte Pelago, che può ritrovare percorsi agevoli da Forte Altavilla alla Cittadella, recuperando a nuove funzioni sia pubbliche che private l’ex Distretto Militare, in stretta relazione con gli interventi sulle aree di via Circonvallazione. Anche il recupero del Forte Umberto a Monte Pelago può rappresentare un utile spazio per servizi, specie in rapporto con la riorganizzazione dei margini urbani di Montemarino.

Il crinale Castellano-Scrima-Posatora, certamente più complesso per puntare ad un assetto unitario, ma che può rendere disponibili a nuove funzioni residenziali speciali (anziani, giovani coppie…) sia l’ex Ente di sviluppo sia l’ex Tambroni, mentre per le ville Beer e Colonnelli, inserite negli omonimi parchi pubblici, si può pensare a centri civici a servizio dei relativi quartieri di Grazie e Posatora. Per ciò che riguarda il Parco di Posatora, va ipotizzato il suo completamento e allargamento, realizzando anche una connessione con l’area a mare attraverso un grande intervento di ricostruzione sulla ex Angelini con residenze e servizi, in stretta relazione col Porto turistico.

Un secondo punto di vista sul recupero può interessare alcuni vuoti urbani, che sono collocati in posizioni strategiche all’interno dei relativi quartieri, in particolare l’ex Mattatoio a Vallemiano, l’ex Cinema Coppi al Piano e parte dell’Inrca alla Montagnola, per i quali le potenziali funzioni pubbliche vanno salvaguardate e valorizzate (culturali e sociali nei primi due casi e sanitaria nell’altro). Mentre per altri cinema o contenitori come il Lancisi o il Salesi, la trasformazione in senso residenziale o turistico, con o senza ricostruzione, non dovrebbe costituire una sottrazione per i relativi servizi pubblici del quartiere.

Un po’ diversa la situazione dell’ex Savoia e dell’ex Centrale del Latte a Torrette: il primo, per la collocazione all’uscita della Galleria del Risorgimento, può risolvere opportunamente la necessità di un parcheggio scambiatore all’ingresso del Centro; l’area della Centrale può trovare una risposta alla collocazione di servizi socio-sanitari, anche eventualmente privati, nelle adiacenze dell’Ospedale Regionale, contribuendo a fare di Torrette un vero e proprio Polo socio-sanitario integrato.

Un’Amministrazione comunale seriamente interessata a risolvere almeno alcune di queste questioni aperte nella città, dovrebbe istituire allo scopo un gruppo di lavoro, partecipato dalla minoranza, costituito con gli operatori pubblici più importanti ai fini patrimoniali, quali Università, Regione, Provincia, Autorità Portuale, Soprintendenza, Militari, ecc. e dialogare con Comitati e Associazioni di cittadini, per appianare all’origine divergenze e conflittualità.